Venerdì, 19 Aprile 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

SANTISSIMA TRINITA'

SANTISSIMA TRINITA'

IL COMMENTO DI DON DOGLIO

 PRIMA LETTURA (Es 34,4-6.8-9)
Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso.

Dal libro dell’Èsodo

In quei giorni, Mosè si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano.
Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà».
Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervìce, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità».

SALMO RESPONSORIALE (Dn 3,52-56)

Rit: A te la lode e la gloria nei secoli.

Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri.

Benedetto il tuo nome glorioso e santo.

Benedetto sei tu nel tuo tempio santo, glorioso.

Benedetto sei tu sul trono del tuo regno.

Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi
e siedi sui cherubini.

Benedetto sei tu nel firmamento del cielo.

SECONDA LETTURA (2Cor 13,11-13)
La grazia di Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi.
Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Tutti i santi vi salutano.
La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.

VANGELO (Gv 3,16-18)

Dio ha mandato il Figlio suo perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

IL SANTO

Il 18 giugno la Chiesa, e la Sicilia soprattutto, onora la memoria di san Calogero, monaco eremita ricordato anche dalla Chiesa ortodossa. Calogero nacque da genitori cristiani e, sin da piccolo, abbracciò gli insegnamenti del Cristianesimo. Il suo nome, di origine greca, significa “bel vecchio”, poi passato a significare “buon vecchio” e divenuto in Oriente e nel Sud Italia l’appellativo dei monaci eremiti. Alcuni studiosi pensano che il nome del santo non fosse Calogero, altri, invece, ritengono che fosse proprio il suo nome e che da questo sia derivato il termine usato per gli anacoreti. Secondo un breviario siculo-gallicano, in uso nella regione tra il XI secolo e il XVI secolo, Calogero sarebbe nato nel I secolo d. C, a Costantinopoli. Questo breviario lo vuole pellegrino a Roma dove incontrò San Pietro apostolo da cui ottenne il permesso di vivere da eremita in un luogo imprecisato. Secondo un’altra tradizione Calo-gero nacque verso il 466 a Calce-donia sul Bosforo, una cittadina dell’antica Tracia, che nel 46 d.C. divenne provincia romana e che poi seguì le sorti dell’impero bizantino. Giunse a Roma in pellegrinaggio e ricevette da papa Felice III (483-492), il permesso di vivere in solitudine in un luogo imprecisato. Ebbe una visione angelica che gli indicò di evangelizzare la Sicilia; tornato dal papa ottenne l’autorizzazione di recarsi nell’isola, con i compagni Filippo, Onofrio e Ar-chileone, per liberare quel popolo dai demoni e dall’adorazione degli dei pagani. Mentre Filippo si recò ad Agira e Onofrio e Archileone si diressero a Paternò, Calogero si fermò durante il viaggio a Lipari, nelle Isole Eolie, dove su invito degli abitanti si trattenne per qualche anno, predicando il Vangelo ed insegnando loro come ricevere i benefici per i loro malanni, utilizzando le acque termali. Ancora oggi un’importante sorgente termale porta il suo nome, come pure le grotte dai vapori benefici. Nei Dialoghi del papa san Gregorio I Magno si narra che durante la sua permanenza nell’isola di Lipari, ebbe anche la visione della morte del re Teodorico, avvenuta nel 526, che negli ultimi anni aveva preso a perseguitare i cristiani fra cui il filosofo Boezio. In seguito Calogero lasciò Lipari per sbarcare a Syac (Sciacca), chiamata dai romani Thermae, per i bagni termali presso i quali sorgeva. Convertì gli abitanti e poi decise di cacciare per sempre “le potenze infernali” che regnavano sul vicino monte Kronios. Sul monte Gium-mariaro, che poi prese il nome di Monte San Calogero, il santo eremita prese ad abitare in grotte e spelonche e intimò ai demoni di lasciare quei luoghi. Calogero si sistemò in una grotta dove sulla roccia fu trovata murata l’immagine in maiolica del santo, posta sopra un rustico altare, che si dice costruito da lui stesso. L’immagine del 1545 e rappresenta l’eremita con la barba che tiene nella mano destra un libro e un ramo, ai suoi piedi vi è un fedele inginocchiato e una cerbiatta accasciata e ferita da una freccia. Questa iconografia richiama un episodio degli ultimi suoi giorni della sua vita, quando ormai ultranovantenne, non riuscendo più a cibarsi, si alimentava con il latte di una cerva. Un giorno un cacciatore di nome Siero, scorgendo l’animale lo trafisse con una freccia. La cerva riuscì a trascinarsi all’interno della grottae morì fra le braccia del santo. Il cacciatore chiese perdono a Calogero e divenuto suo discepolo, salìogni giorno sul monte a visitarlo e dopo 40 giorni lo trovò morto, in ginocchio davanti all’altare, nella notte fra il 17 e il 18 giugno 561 dopo 35 anni passati in quel luogo. Nel IX secolo un monaco che si firmava Sergio Cronista, cioè abitante del monte Cronios, compose in lingua greca alcuni inni in suo onore, in cui si raccontava che il santo non era approdato a Sciacca, ma a Lilybeo, l’odierna Marsala, senza indicare dove fosse morto. Le sue reliquie nel 1490 furono traslate a Fragalà (Messina) dal monaco basiliano Urbano da Naso e poi nell’800 a Frazzanò (Messina), nella chiesa parrocchiale. Qualche sua reliquia è custodita anche nel santuario di San Calogero, sorto vicino alla sua grotta sull’omonimo monte di Sciacca.

Data: 11/06/2014



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