Giovedì, 28 Marzo 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

IL COMMENTO DI DON DOGLIO  
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PRIMA LETTURA 

Dal libro del Siràcide  

Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno;
se hai fiducia in lui, anche tu vivrai.
Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua:
là dove vuoi tendi la tua mano.
Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male:
a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà.
Grande infatti è la sapienza del Signore;
forte e potente, egli vede ogni cosa.
I suoi occhi sono su coloro che lo temono,
egli conosce ogni opera degli uomini.
A nessuno ha comandato di essere empio
e a nessuno ha dato il permesso di peccare.

SALMO

Beato chi cammina nella legge del Signore.

Beato chi è integro nella sua via
e cammina nella legge del Signore.
Beato chi custodisce i suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore.

Tu hai promulgato i tuoi precetti
perché siano osservati interamente.
Siano stabili le mie vie
nel custodire i tuoi decreti.

Sii benevolo con il tuo servo e avrò vita,
osserverò la tua parola.
Aprimi gli occhi perché io consideri
le meraviglie della tua legge.

Insegnami, Signore, la via dei tuoi decreti
e la custodirò sino alla fine.
Dammi intelligenza, perché io custodisca la tua legge
e la osservi con tutto il cuore.

SECONDA LETTURA

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 

Fratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria. 
Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. 
Ma, come sta scritto: 
«Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì,
né mai entrarono in cuore di uomo,
Dio le ha preparate per coloro che lo amano».
Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio.

VANGELO

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli. 
Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!
Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna.
Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.
Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno».

I SANTI DELLA SETTIMANA
fonte: IL POPOLO

1/sFaustino e g.JPGIl 15 febbraio la Chiesa e, in particolare, la città di Brescia celebrano la ricorrenza dei santi Faustino e Giovita, protettori della città.

I due, vissuti nel II secolo, erano figli di una nobile famiglia pagana di Brescia. Le notizie sulla loro vita sono tratte dalla “Leggenda Maior” che racconta come entrarono a far parte ancora giovani, dell’ordine equestre e divennero cavalieri dell’Impero Romano. Furono convertiti al cristianesimo e poi battezzati da Apollonio, vescovo di Brescia, poi santo, che li accolse nella comunità dei primi cristiani bresciani.

Si impegnarono molto nell’opera di  evangelizzazione e la tradizione vuole che Faustino fosse ordinato presbitero e Giovita diacono.

La loro predicazione e il loro fervore sollevarono l’avversità dei pagani, tra cui molti potenti della città che temevano la diffusione del Cristianesimo, soprattutto negli ambienti militari. Così alcuni prestigiosi personaggi cittadini invitarono Italico, allora governatore della Rezia, a mettere tacere i due, chiedendo che fossero attuate le direttive imperiali di Traiano, che aveva ordinato l’inizio della terza persecuzione.
La morte di Traiano nel 117 indusse il governatore ad attendere che il nuovo imperatore Adriano si insediasse e giungesse a Milano per denunciare i due predicatori come nemici dell’impero. Adriano saputo dei due giovani ordinò a Italico di procedere nella persecuzione, intenzionato a mantenere in tutte le province romane l’assoluta obbedienza religiosa agli dei. Italico chiese subito a Faustino e a Giovita di rinnegare la loro fede e di sacrificare agli dei, sotto la minaccia della decapitazione. Di fronte al loro rifiuto fece imprigionare i due fratelli. Lo stesso imperatore Adriano, al ritorno da una campagna militare nelle Gallie, si fermò a Brescia e Italico lo chiamò ad occuparsi dei due cavalieri cristiani. Adriano impose a Faustino e Giovita l’atto di devozione al dio Sole. L’ara sacrificale di questa divinità è oggi conservata all’interno del complesso monastico medioevale di Santa Giulia. I due giovani rifiutarono di compiere il gesto e arrivarono addirittura a colpire la statua del dio pagano. L’imperatore ordinò perciò che fossero dati in pasto alle belve del circo e furono rinchiusi in una gabbia con delle tigri.

Le fiere rimasero mansuete e si accovacciarono ai loro piedi. Questo miracolo ebbe come effetto la conversione di molti spettatori tra cui anche la moglie del governatore Italico, Afra, che poi fu martire e santa e di Calocero, ministro del palazzo imperiale, che rivestiva anche il ruolo di comandante della corte pretoria. Dopo questo fatto fu ordinato che i giovani fossero scorticati vivi e messi al rogo. Il martirologio, però, racconta che il fuoco non toccò nemmeno le vesti dei due condannati, mentre aumentò il numero delle conversioni in città.

Allora Faustino e Giovita furono allontanati da Brescia e portati come prigionieri nelle carceri di Milano dove subirono tremende torture, tra cui il supplizio dell’eculeo, macchina di sofferenza simile a un cavallo e usata per disarticolare le membra.

Durante la prigionia accaddero anche eventi miracolosi, come l’uscita dal carcere dei due per incontrare e battezzare san Secondo.

Furono poi trasferiti a Roma dove,  dati di nuovo in pasto alle fiere nel Colosseo, uscirono ancora una volta indenni. Successivamente vennero imbarcati e mandati a Napoli e durante il viaggio, grazie alla loro intercessione, fu placata una tempesta. Anche a Napoli le torture continuarono e non ottenendo nessun risultato fu deciso di spingerli in mare su una barca che però tornò a riva, riportata in salvo dagli angeli.

L’imperatore a quel punto decise di condannarli a morte. I due fratelli furono riportati a Brescia e il 15 febbraio tra il 120 e il 134 furono decapitati, poco fuori porta Matolfa.

I corpi furono sepolti nel cimitero di san Latino e nello stesso luogo fu fatta edificare la chiesa di san Faustino ad sanguinem. Le reliquie sono oggi conservate nella basilica dedicata ai due martiri. Il loro culto si diffuse verso l’VIII secolo.

I Longobardi diffusero la devozione per i due santi in tutta l’Italia, in particolare a Viterbo.

Data: 11/02/2014



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