Giovedì, 18 Aprile 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

ASCENSIONE DEL SIGNORE

ASCENSIONE DEL SIGNORE

LA PAROLA DEL VESCOVO

 Commento del Vangelo  in collaborazione con la Radio della Diocesi di Tortona. Clicca qui per ascoltare.

PRIMA LETTURA

Dagli Atti degli Apostoli
Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo.
Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo».
Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra».
Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».

SALMO RESPONSORIALE

Ascende il Signore tra canti di gioia.

Popoli tutti, battete le mani!
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché terribile è il Signore, l’Altissimo,
grande re su tutta la terra.

Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni,
cantate inni al nostro re, cantate inni.

Perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
Dio regna sulle genti,
Dio siede sul suo trono santo.

SECONDA LETTURA

Dalla lettera agli Ebrei
Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte.
Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza.
Fratelli, poiché abbiamo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne, e poiché abbiamo un sacerdote grande nella casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero, nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura. Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso.

IL VANGELO DELLA DOMENICA

Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

IL COMMENTO

Nel Credo recitiamo: “... è salito al cielo e siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti...”

La Solennità odierna ci ricorda questo tassello della nostra fede: Gesù conclude con il ritorno a casa, al Padre, la sua vicenda terrena. “...ho già trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio fino al giorno in cui egli fu assunto in cielo”(1° lettura).

1. Non è un addio! Gesù ritorna al Padre, ma non abbandona i suoi e la Chiesa e questo per almeno tre motivi

Promette lo Spirito Santo: sarà Lui a ricordare agli Apostoli le cose che Gesù ha detto e compiuto; sarà Lui a dare forza:“Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi...” Lo Spirito Santo continua nel tempo della Chiesa l’opera di Gesù.

Lui ritornerà: molte volte nel Vangelo è sottolineato il ritorno di Gesù al punto che la prima comunità cristiana riteneva questo ritorno imminente. Basta leggere alcuni passi delle lettere di Paolo (1-2 Tessalonicesi in particolare) per rendersene conto. “Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto in cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo!” (1° lettura)

Assicura la sua presenza: “Io sarò con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo!” (Matteo 28, 20). E poi quale presenza più viva e reale dell’Eucaristia? L’alleanza, che Dio ha stipulato con l’umanità nella vita di Gesù, continua a rinnovarsi e a coinvolgere sempre nuove persone e questo fino alla fine dei tempi!

2. “Così sta scritto: il Cristo dovrà patire…”: mi colpisce sempre Gesù che, sia con i due discepoli di Emmaus, sia adesso con gli Undici, apre la loro intelligenza alla comprensione di quanto è accaduto (passione, morte e risurrezione) rileggendo brani dell’Antico Testamento. Solo dalla Parola di Dio annunciata dai profeti può venire la luce che rischiara gli avvenimenti della Pasqua.

Un salmo dice che la Parola di Dio “è lampada sulla mia strada, luce sul mio cammino”. È proprio così: quante volte ho toccato con mano come le parole di Gesù hanno illuminato fatti, incontri, difficoltà, dubbi, indecisioni… della mia vita. Prima ho riportato la frase “Io sarò con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo!”  Ricordo la forza, la potenza di questa promessa di Gesù nei momenti di scoraggiamento, di fatica!

Gesù che sale al Padre non ci abbandona: rimane con noi e ce lo ha detto! La sua Parola, trasmessa a noi dagli Apostoli attraverso gli scritti del Nuovo Testamento, è un’altra forma di presenza. Conosco degli amici che vivono la presenza di persone care scomparse rileggendo dei loro scritti, delle loro lettere… E noi abbiamo nei Vangeli i fatti, le azioni, le parole di Gesù, il Signore!

Chiediamo a Maria, in questo mese a Lei dedicato, che ci faccia il dono di crescere nell’amore per la Parola di Gesù, suo Figlio.

3. “...tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio!” Con questa nota si chiude il vangelo di Luca: gioia, lode, ringraziamento! La presenza di Gesù Risorto in mezzo a loro, la forza dello Spirito Santo sono alla base della loro gioia. Ma questo vale anche per noi! “Ogni volta che manchiamo alla gioia manchiamo di fede!” mi diceva un santo confessore. Le difficoltà, i momenti bui, il peso della fatica sono una cosa; la tristezza, lo scoraggiamento, il cuore spento sono un’altra cosa. Interroghiamoci: a che punto è la nostra gioia?

4. “Perché state a guardare il cielo?” leggiamo ancora nella prima lettura. In altre parole: occorre tornare a Gerusalemme e “diventare suoi testimoni fino agli estremi confini della terra!”. Oggi Gesù si rende presente nel mondo anche nei suoi testimoni, nei cristiani che vivono il Vangelo come Lui lo ha insegnato: ecco un’altra forma di presenza! In particolare il testimone è colui che dona la vita per gli altri come ha fatto il Maestro. Non atti o gesti eclatanti, ma la semplicità e la fedeltà nel quotidiano.

Pertanto… buona testimonianza missionaria a tutti!

Marco Daniele

IL SANTO DELLA SETTIMANA

Il 12 maggio, quest’anno l’11 essendo il giorno seguente la festa dell’Ascensione, la Chiesa fa memoria di San Leopoldo Mandic che nacque a Castelnovo d’Istria, in Dalmazia (oggi Hercegnovi, nel Montenegro) il 12 maggio 1866, undicesimo di dodici figli della famiglia croata di Pietro Mandic e di Carlotta Carevic. Al battesimo ricevette il nome di Bogdan (Adeodato) Giovanni.

Suo bisnonno paterno Nicola Mandic era oriundo di Poljica, nell’arcidiocesi di Spalato (Split) e i suoi antenati erano venuti dalla Bosnia.
 Il giovane Bogdan era di temperamento vivace secondo il suo sangue dalmata, ma rivelò anche grande nobiltà d’animo e impegno nella scuola e si sentì fin da ragazzo portato alla vita religiosa. A Castelnovo in quel tempo prestavano la loro opera i Cappuccini della Provincia Veneta e Bogdan maturò la decisione di entrare nell’Ordine dei Cappuccini. Fu accolto prima nel seminario serafico di Udine e poi, diciottenne, il 2 maggio 1884, a Bassano del Grappa. Vestì l’abito religioso, ricevendo il nuovo nome di fra Leopoldo e impegnandosi a vivere la regola e 
lo spirito di s. Francesco d'Assisi. Continuò gli studi filosofici e teologici a Padova e a Venezia, dove, nella basilica della Madonna della Salute, fu ordinato sacerdote, il 20 settembre 1890. Consacrandosi a Dio nella vita religiosa, decise di adoperarsi per il ritorno all’unità cattolica degli Orientali separati dalla Chiesa Romana. L’idea gli venne nel corso della sua infanzia a Castelnovo. Questo porto sull’Adriatico era un importante centro commerciale, il punto d’incontro di uomini di razze e religioni differenti. Lui però era alto un metro e quaranta, aveva l’artrite alle mani, difficoltà nel parlare e occhi arrossati e per questi motivi non poté dedicarsi alla predicazione. I superiori lo destinarono a servizio delle anime, quale ministro della riconciliazione. Fu confessore in varie città: Venezia, Zara, Bassano del Grappa, Thiene al santuario della Madonna dell’Olmo e, dall’ottobre 1909, a Padova. Nel 1923 fu trasferito a Fiume (Rijeka), ma dopo poche settimane, su insistenti richieste dei Padovani, ebbe l’ordine di ritornare nella loro città, dove rimase fino alla morte. Il santo non era un tipo bonario, ma era piuttosto bellicoso e capace di avere scatti aspri e inattesi e per questo spesso chiedeva al Signore il dono della calma e gli diceva: “Abbi pietà di me che sono dàlmata!”. Sembra impossibile che resista, sempre più fragile, a questo genere di vita, inasprito da preghiere, penitenze, digiuni.

Nella sua piccola cella-confessionale continuò per tutta la vita ad accogliere numerosi penitenti, ascoltandoli con pazienza, incoraggiando e consolando, riportando la pace di Dio nelle anime e ottenendo talvolta anche delle grazie di ordine temporale. Senza mai fare vacanze, tormentato da varie malattie, rimase fino all’ultimo giorno a servizio delle anime, divenendo un vero martire del confessionale. Non avendo potuto darsi all’apostolato tra i fratelli separati orientali, si impegnò con voto, più volte ripetuto, di offrire tutto a questo scopo. In ogni anima che si rivolgeva a lui vedeva il “suo Oriente”. Nel 1942 fu portato in ospedale dove gli fu riscontrato un tumore all’esofago. Tornò in convento e vi morì il 30 luglio 1942, dopo aver tentato ancora di vestirsi per la Messa. San Leopoldo può essere considerato uno dei più grandi apostoli dell’ecumenismo, anche se mentre era in vita la sua missione rimase nascosta.

Solo quattro anni dopo la morte, nel 1946, si avviarono i processi per la beatificazione. Il 2 maggio 1976 fu proclamato da Paolo VI e santo il 16 ottobre 1983, nel quinto anniversario dell’elezione al Pontificato di Giovanni Paolo II. Il Martirologio Romano lo ricorda il 30 luglio, ma è stato chiesto, dopo la canonizzazione, la festa nel giorno non della morte ma della nascita ovvero il 12 maggio.

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Data: 06/05/2013



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