Venerdì, 29 Marzo 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

III DOMENICA DI PASQUA

III DOMENICA DI PASQUA

LA PAROLA DEL VESCOVO

 Commento del Vangelo  in collaborazione con la Radio della Diocesi di Tortona. Clicca qui per ascoltare.

PRIMA LETTURA

Dagli Atti degli Apostoli
In quei giorni, il sommo sacerdote interrogò gli apostoli dicendo: «Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di noi il sangue di quest’uomo».
Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono».
Fecero flagellare [gli apostoli] e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne andarono via dal Sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù. 

SALMO RESPONSORIALE
Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato.

Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,
non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.

Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera ospite è il pianto
e al mattino la gioia.

Ascolta, Signore, abbi pietà di me,
Signore, vieni in mio aiuto!
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.

SECONDA LETTURA

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo
Io, Giovanni, vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano a gran voce:
«L’Agnello, che è stato immolato,
è degno di ricevere potenza e ricchezza,
sapienza e forza,
onore, gloria e benedizione».
Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano:
«A Colui che siede sul trono e all’Agnello
lode, onore, gloria e potenza,
nei secoli dei secoli».
E i quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in adorazione.

IL VANGELO DELLA DOMENICA

Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

IL COMMENTO

Potremmo titolare questa riflessione così: convertirsi alla gioia, per non continuare a cercare tra i morti uno che è vivo!

Vi confesso che, di questo brano evangelico, mi ha sempre incuriosito l’atteggiamento di Pietro. Sorge sempre in me, dal profondo, questo interrogativo: perché l’apostolo, dopo aver contemplato il sepolcro aperto e vuoto con le bende e il sudario lasciati lì, dopo aver incontrato per ben due volte Gesù risorto nel cenacolo, decide di tornare alla sua vecchia vita di pescatore?

Dicevamo, convertirsi alla gioia del Risorto… Non è facile. Forse è la conversione più difficile che dobbiamo operare, dopo aver creduto nel Dio di Gesù.

La scelta di Pietro di tornare a pescare è, per me, una delle pagine più tristi del Vangelo. Pietro probabilmente crede, ma il suo cuore non è sereno, non è in pace. Pietro crede, ma non si concede il permesso di essere nella gioia.

Il tradimento brucia ancora. Sì, ha tradito. Ha detto di non conoscerlo. Si è lasciato spaventare da una serva pettegola. E ora ha nel cuore la certezza di essere un buono a nulla, di avere sbagliato tutto, di essere un imperdonabile traditore.

Tornare a pescare significa chiudere la parentesi Gesù, significa tornare alla vita di prima, dimenticare l'esperienza travolgente di quei tre anni passati a seguire l'uomo più straordinario della storia.

Ma Dio ci raggiunge alla fine della nostra notte, quando tutto sembra perso, quando l'animo è stanco di combattere e cede allo sconforto.

Probabilmente è questa la ragione che mi fa amare questa pagina evangelica del terzo incontro con il Risorto più di tutte le altre: la consapevolezza che Gesù, l’amico, il Maestro, il Risorto ci raggiunge sempre alla fine delle nostre giornate più buie!

E poi… accade ancora! Sono passati tre anni, ma Pietro si ricorda benissimo di quel giorno. Le reti erano vuote, Gesù figlio del falegname dice di ributtarle, Pietro era stanco morto, ma decide di fidarsi della parola di quel giovane Rabbì. E le reti si riempiono a dismisura. Spettacolo!

E' la fecondità della resurrezione.

E ora, dopo tre anni, è ancora quella Parola a riempire le reti. Ma, soprattutto, a riempire i cuori. E' Lui, è il Signore!

Che incontro meraviglioso: non una parola di rimprovero e non un accenno a quel maldestro ritorno alla pesca. Il cuore dei discepoli è pieno di gioia, Pietro non capisce più nulla e si tuffa in mare anche se la barca è vicinissima alla riva...

E Gesù, tenerissimo, prepara la colazione.

E' ancora Lui a mettersi al servizio dei discepoli, ad averli raggiunti nella loro delusione e fragilità, a risollevarli dalla sterilità di quella notte. Di ogni notte.

 Concludo con due sottolineature.

Come già ricordavo nel giorno di Pasqua, anche oggi ci vuole la voce dell’amore per riconoscere il Risorto. Giovanni, apostolo amato che ama, non può che gridare: “E’ il Signore! È Lui!!!”.

Dobbiamo essere attenti e pronti a riconoscere e ringraziare nella nostra quotidianità tutte quelle persone o quelle occasioni che divengono per noi annuncio e rivelazione della stessa presenza. Quante le persone che ancora oggi ci dicono: “Guarda… è il Signore! È lui quello che ti sta camminando a fianco!”.

Contemporaneamente non dobbiamo dimenticare che “di questi fatti siamo testimoni anche noi“ (At 5, 32). Anche a ciascuno di noi, il Risorto, chiede di essere strumenti preziosi della sua grazia in grado di indirizzare a tutti, in particolare ai più sfiduciati, agli ultimi e ai più bisognosi, lo stesso grido giovanneo “E’ il Signore!”.

Sarà il grido e l’invito a superare ogni tristezza perché il Signore è risorto… e noi con lui!

Coraggio, cari amici, le nostri notti possono essere profezie di nuove aurore.

Fidiamoci della parola del Risorto.

Gettiamo le reti.

Saremo gioiosamente vivi con Lui vivo.

Marco Daniele

IL SANTO DELLA SETTIMANA

Fonte: IL POPOLO

Domani, 12 aprile la Chiesa fa memoria di Teresa di Gesù di Los Andes, giovane santa Carmelitana Scalza, canonizzata da Giovanni Paolo II nel 1993.

Santa Teresa de Los Andes è la prima santa cilena, la prima carmelitana scalza fuori le frontiere dell’Europa e la quarta santa Teresa del Carmelo dopo santa Teresa di Avila, di Firenze e di Lisieux.

Nacque a Santiago del Cile il 13 luglio 1900, fu battezzata con i nomi di Juana Enriqueta Josefina de los Sagrados Corazones Fernandez Solar. Familiarmente era chiamata Juanita. Visse la sua infanzia in famiglia, con i genitori, Michele e Lucia, quartogenita dei sei figli, tre fratelli e due sorelle, godendo di una buona posizione economica e in un ambiente autenticamente cristiano. Juana ricevette la sua formazione scolastica, prima per un breve periodo, presso le religiose teresiane e dal 1907 studiò come alunna esterna nel collegio di Alameda delle Suore del Sacro Cuore, dove ricevette la Cresima il 22 ottobre 1909 e la Prima Comunione l’11 settembre 1910.

Quando ricevette Gesù eucaristico ottenne anche la grazia mistica di locuzioni interiori, che proseguirono per il resto della sua vita.

Come lei stessa raccontò, nel 1914 Gesù, in una rivelazione privata, le aveva detto che la voleva carmelitana e che la sua meta doveva essere la santità. Nei suoi scritti disse: “mi parlò e mi fece capire quanto fosse solo e abbandonato nel Tabernacolo. Mi disse di tenergli compagnia.

Allora mi diede la vocazione, poi mi disse che voleva per Sé il mio cuore e che divenissi carmelitana.

Da questo momento passavo la giornata intera in intima conversazione con Nostro Signore e mi sentivo felice di star sola”. All’età di quindici anni entrò, in qualità di interna, sempre nel collegio delle Dame del Sacro Cuore, dove rimase sino al 1918. Trascorse gli anni della giovinezza tra la famiglia e il collegio. Lesse le opere di santa Teresa di Gesù, di Teresa del Bambino Gesù e di Elisabetta della Trinità.

A 15 anni fece voto di verginità per 9 giorni, e lo rinnovò poi di continuo. Il 7 giugno 1917 fu aggregata alla congregazione delle Figlie di Maria e il 21 giugno successivo, dopo aver fatto la confessione generale, fece voto di non commettere alcun peccato veniale volontario.

Il 7 maggio 1919 entrò nel piccolo monastero dello Spirito Santo, a Los Andes, a circa 90 km da Santiago. Il 14 ottobre dello stesso anno vestì l’abito di carmelitana, iniziando il suo noviziato con il nome di Teresa di Gesù. Juanita possedeva un’enorme capacità di amare e di essere amata insieme ad una straordinaria intelligenza.

Come una giovane innamorata si dette alla preghiera, all’acquisto delle virtù e alla pratica della vita evangelica, in modo tale che in pochi anni raggiunse un alto grado di unione con Dio. Cristo fu il suo unico ideale. La santità della sua vita brillò in tutti gli ambienti dove visse. Le amiche la presero per modello, appoggio e consigliera. Juanita era allegra, simpatica, attraente e la serenità del suo volto era il riflesso di Colui che viveva in lei.

La sua vita di monaca, durata solo 11 mesi, fu l’ultimo gradino della sua ascesa alla santità. Da molto tempo il Signore le aveva rivelato che sarebbe morta giovane, come lei stessa raccontò al suo confessore un mese prima di morire. Accolse questa realtà con gioia e serenità certa che nell’eternità avrebbe continuato a far conoscere e amare Dio.

Il 2 aprile 1920, Venerdì Santo, sei mesi prima di terminare il noviziato e di poter professare i voti religiosi, fu colta da un violento attacco di tifo, che le procurò molte sofferenze interiori e indicibili patimenti fisici. Il 5 aprile ricevette gli ultimi sacramenti e il 7 aprile emise la professione religiosa in “articulo mortis”, ovvero sul letto di morte.

Morì la sera del 12 aprile 1920, tre mesi prima di compiere 20 anni.

I suoi resti sono venerati nel Santuario di Auco-Rinconada de Los Andes dove ogni si recano migliaia di pellegrini. I Carmelitani Scalzi la ricordano il 13 luglio.

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Data: 09/04/2013



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