Genova: incontro di formazione del clero
Giovedì 17 febbraio 2022, presso il Seminario Arcivescovile di Genova, si è svolto l’incontro di formazione del clero diocesano, aperto anche a Presbiteri e Diaconi che operano nelle altre Diocesi della Regione Ecclesiastica Ligure; la nostra diocesi è stata rappresentata da don Claudio Baldi e da don Maurizio Ceriani.
Ha guidato l’incontro Mons. Angelo Lameri, Consultore della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice, professore ordinario di Liturgia e Sacramentaria generale alla Pontificia Università Lateranense.
Le due relazioni di Mons. Lameri si sono concentrate sulla Ministerialità ecclesiale all’interno del fondamento battesimale e l’istituzione dei Catechisti (lettera della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti del 13 dicembre 2021) e sulla Traditionis Custodes, il Motu proprio del 16 luglio 2021 e la Lettera accompagnatoria del Santo Padre ai vescovi.
Nel primo intervento mons. Lameri ha affrontato il tema della ministerialita della Chiesa, partendo dalla stagione del Vaticano II ha descritto la situazione odierna dove esiste e molto radicata, una ministerialita di fatto, nella direzione di assunzione di impegni senza riconoscimenti di natura istituzionale.
Il motivo potrebbe essere l’esclusione delle donne come la paura di assumere una responsabilità continuata a nome della Chiesa. Ai nostri giorni infatti sono pochissime le diocesi italiane che hanno effettivamente istituito i ministeri; ora con l’intervento di papa Francesco viene rilanciata la possibilità di riscoprire il ministero “antico” del catechista ma anche tutti gli altri.
La decisione di Papa Francesco si pone dunque nella linea di un armonico sviluppo con il magistero dei suoi predecessori san Paolo VI e san Giovanni Paolo II. Il primo, nel Motu Proprio Ministeria quaedam (15 agosto 1972), mentre san Giovanni Paolo II, soprattutto nell’Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988) dove leggiamo: «La missione salvifica della Chiesa nel mondo è stata attuata non solo dai ministri in virtù del sacramento dell’Ordine, ma anche da tutti i fedeli laici: questi, infatti, in virtù della loro condizione battesimale e della loro specifica vocazione, nella misura a ciascuno propria, partecipano all’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo.
I pastori, pertanto, devono riconoscere e promuovere i ministeri, gli uffici e le funzioni dei fedeli laici, che hanno il loro fondamento sacramentale nel Battesimo e nella Confermazione, nonché, per molti di loro, nel Matrimonio» (n. 23). Antiquum ministerium è stato poi preparato da Spiritus Domini, con il quale Papa Francesco modifica il can 230 § 1 del Codice di Diritto Canonico, quasi non si accorgerebbe del cambiamento introdotto e soprattutto delle ripercussioni che avrà nella vita della Chiesa nell’ambito dei ministeri liturgici. Nel disposto del canone viene infatti semplicemente tolta la parola iniziale Viri [Le persone di sesso maschile].
La nuova formulazione recita dunque: «I laici che abbiano l’età e le doti determinate con decreto della Conferenza Episcopale, possono essere assunti stabilmente, mediante il rito liturgico stabilito, ai ministeri di lettori e di accoliti». Questo comporta che i due ministeri istituiti sono ora aperti a ogni laico, uomo o donna.
Cade quindi l’esclusiva riserva agli uomini dei sopra citati ministeri ecclesiali. Sarebbe fuorviante ridurre la nuova disciplina introdotta a mera "promozione" della donna, della quale la Chiesa deve sempre più riconoscere il ruolo anche nei luoghi dove vengono prese le decisioni importanti (cf. Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 103), o come una prima apertura alla sua ammissione al presbiterato, per la quale vi è già stato un pronunciamento magisteriale di carattere definitivo (cf. Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis; cf. Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 104), o al diaconato, ancora oggetto di studio di un’apposita Commissione.
Si tratta propriamente di un riconoscimento del laicato e del suo ruolo nella Chiesa, nella direzione della declericalizzazione di una ministerialità che deve essere parte integrante della Chiesa serva su modello di Cristo – servo. Il Motu Proprio di Papa Francesco ci aiuta così a comprendere meglio la struttura ministeriale della Chiesa, finalizzata alla realizzazione della missione affidata da Cristo agli Apostoli in ordine all’annuncio e al dono della salvezza per la realizzazione del disegno di Dio, «il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità» (1 Tm 2, 4).
Anche nella relazione del pomeriggio, attraverso una sintesi chiara ed efficace Mons. Lameri ha presentato i criteri fondamentali che hanno portato a Traditiones Custodes, ripercorrendo la strada che partita da Ecclesia Dei è giunta attraverso Smmorum Pontifucum ai nostri giorni. Ha motivato le scelte di san Giovanni Paolo II e il discernimento compiuto da Benedetto XVI, il quale mosso dalla volontà di unire la Chiesa aveva concesso nel 1997 una libertà più ampia nell’uso del Messale del 1962. Oggi, alla luce anche del questionario a cui hanno risposto tutti i vescovi, papa Francesco rattristato da “un uso strumentale del Missale Romanum del 1962”, sempre di più caratterizzato da un rifiuto crescente non solo della riforma liturgica, ma del Concilio Vaticano II, prende la ferma decisione, per “difendere l’unità del Corpo di Cristo” di revocare la facoltà concessa dai suoi Predecessori.
L’uso distorto che ne è stato fatto è contrario ai motivi che li hanno indotti a concedere la libertà di celebrare la Messa con il Missale Romanum del 1962, poiché le celebrazioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa, che è “sacramento di unità”, devono essere fatte in comunione con la Chiesa.
Ad entrambi gli interventi è seguito un breve dibattito con l’intermezzo di un felice momento di convivialità fraterna nel refettorio del Seminario.
Data: 26/02/2022