A Torino il Meic ha celebrato il convegno nazionale sul tema della pace
Dialogo, conoscenza e reciprocità per itinerari di condivisione
TORINO - “La pace è ogni passo”: al convegno nazionale del Meic a Torino, celebrato nel cuore della città dei Santi sociali al Valdocco di don Bosco, ha preso parte anche una delegazione della Diocesi di Tortona, che si è unita agli oltre cento delegati provenienti da tutta Italia.
I lavori, dopo i saluti istituzionali, sono stati introdotti dal vicepresidente della Caritas Italiana. Paolo Beccegato ha lanciato l’allarme sull’affievolirsi della resistenza morale e politica nella società occidentale, ormai rassegnata nel non riuscire più ad incidere nel contrasto alla cultura della guerra e al commercio delle armi, all’informazione impazzita e poco credibile e a una economia che non ha più al centro l’uomo, le comunità e i suoi bisogni.
“È dunque necessario – ha ricordato Beccegato – un sussulto della parte viva della società italiana ed europea, con un impegno straordinario delle chiese cristiane e dei movimenti sociali per riscrivere una cultura della pace che è rispetto dell’ambiente di vita, una ecologia umana che parte da una nuova prospettiva antropologica per una maggiore giustizia sociale e in un contesto di inclusione e di accoglienza solidale”.
Il saluto dell’Arcivescovo di Torino mons. Cesare Nosiglia ha evidenziato come il ruolo e l’azione culturale e sociale del Meic siano una grande risorse per la Chiesa italiana e per quelle locali.
Nel corso della prima serata profonda e avvolgente è stata la testimonianza di Ernesto Olivero, fondatore e animatore del Sermig e dell’Arsenale della pace di Torino.
Ripercorrendo il sogno, iniziato a metà degli anni Sessanta, Olivero ha raccontato, in un colloquio aperto e partecipato, come le sfide più difficili, se ispirate dall’amore e dallo spirito del Vangelo, non siano impossibili.
Un lungo cammino di accoglienza, relazioni, incontri, gioie e dolori percorso con tanti amici: per primi i papi Paolo VI, Giovanni Paolo II e Francesco, e con il sostegno e l’aiuto di padre Pellegrino, il vescovo e pastore del “camminare insieme” nella città dei santi sociali, laboratorio e simbolo dell’era industriale.
Ma soprattutto sono state migliaia di giovani e adulti, figli di Dio, come ha ricordato Olivero, ad aver contribuito a realizzare il sogno di una Chiesa scalza, e a trasformare un arsenale militare in un luogo di pace. Un sogno che da Torino è partito per espandersi nel mondo, dal Brasile alla Giordania.
“Nomi e vie della pace”: intorno a questo spunto molto evocativo si è snodata la seconda giornata del convegno.
La prima voce a intervenire è stata quella di Angela Dogliotti, presidente del “Centro studi Sereno Regis”, che ha parlato di non violenza. “La pace è un tema dimenticato, fuori dalle agende politiche: la presenza drammatica dei conflitti armati ne è la testimonianza.
E questo vale anche per il quotidiano, pieno di aggressività, di linguaggio violento, anche alimentato dalla rete.
Serve una ‘cassetta degli attrezzi’ per una cultura della non violenza, lavorando sull’empatia, sul rispetto dei punti di vista, e praticando percorsi di gestione dei conflitti”. Cleophas Adrien Dioma, coordinatore del Summit nazionale delle diaspore, ha ricordato che “la pace non è assenza di conflitti, ma prassi politica e diplomatica portatrice di giustizia.
Il Summit delle diaspore, in questo senso, è un organismo che dovrebbe essere un’opportunità e una sfida.
Le comunità d’immigrati sono pronte, preparate e capaci di dialogare con le istituzioni e possono giocare il ruolo di ponte tra l’Italia e i Paesi dove si va a fare cooperazione”.
Il convegno è poi andato al cuore del tema dei diritti umani e del diritto umanitario come via della pace: la pastora valdese Maria Bonafede ha raccontato l’esperienza dei corridoi umanitari.
Ad Alberto Miglio dell’Università di Torino è toccato invece parlare di tutela dei beni culturali in tempo di guerra. Bellissima l’iniziativa promossa dal gruppo torinese del Meic di dedicare il pomeriggio del sabato agli itinerari di conoscenza della città guidati da persone esperte, sotto la regia dell’associazione “Guarino Guarini”.
In particolare la visita al Museo Egizio realizzata con le donne maghrebine che hanno seguito i corsi di alfabetizzazione che il Meic e “Mondo in città” organizzano da anni, è stato il segno tangibile e vero di una integrazione e inclusione sociale che nonostante i tempi difficili fa sperare per un futuro di pace e rispetto.
Luca Rolandi
Data: 04/11/2019