Venerdì, 29 Marzo 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

PRIMA LETTURA (Dt 18,15-20)
Susciterò un profeta e gli porrò in bocca le mie parole.

Dal libro del Deuterònomio

Mosè parlò al popolo dicendo:
«Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto.
Avrai così quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio, sull’Oreb, il giorno dell’assemblea, dicendo: “Che io non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia”.
Il Signore mi rispose: “Quello che hanno detto, va bene. Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto. Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire”».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 94)

Rit: Ascoltate oggi la voce del Signore.

Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.

Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere».

SECONDA LETTURA (1Cor 7,32-35)
La vergine si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso!
Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito.
Questo lo dico per il vostro bene: non per gettarvi un laccio, ma perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni.

VANGELO (Mc 1,21-28)

Insegnava loro come uno che ha autorità.

+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!».
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

IL SANTO

Il santo di questa settimana è da poco entrato a far parte della schiera dei santi perché è stato canonizzato solo due mesi fa, il 23 novembre scorso da papa Francesco.

San Nicola da Longobardi fu un religioso dell’Ordine dei Minimi fondato da san Francesco da Paola.

Come il fondatore nacque in Calabria, nel paese di Longobardi in provincia di Cosenza, il 6 gennaio 1650 come Giovanni Battista Saggio.
Era il primo di cinque figli di una famiglia semplice e povera che lo educò ai valori umani, morali e spirituali, ma non poté permettergli di studiare. Iniziò a lavorare nei campi molto giovane.
La solida formazione cristiana familiare e la frequentazione del convento dei padri Minimi che sorgeva in paese fece scaturire in lui il desiderio della vita religiosa. Era, infatti, molto assiduo alla messa feriale e festiva, si confessava ogni settimana e teneva sempre in mano, insieme alla zappa, la corona del rosario.
Ricevuta la cresima il 3 maggio 1668 domandò e ottenne di diventare terziario dei Minimi. A vent’anni chiese di entrare nella famiglia dei Minimi, ma i suoi gli negarono il permesso perché veniva meno un importante sostegno.
Egli obbedì ma perse la vista. I genitori allora videro nella malattia un segno che il Signore voleva qualcosa d’altro per il loro figlio e gli diedero il consenso. Poco dopo riacquistò la vista.

Il santo fu accolto a Paola per l’anno di noviziato in qualità di fratello oblato, e prese il nome di Nicola.

Dopo un anno pronunciò i quattro voti di castità, povertà, obbedienza e quaresima perpetua e la promessa solenne come voto di fedeltà all’Ordine. Iniziò la sua vita di oblato proprio a Longobardi.
Per due anni, dal 1670 al 1671, si dedicò alla chiesa, alla cucina e all’orto sempre docile alla volontà dei superiori. Fu poi inviato a S. Marco Argentano, Montalto Uffugo, Cosenza, Spezzano della Sila e a Paterno Calabro.

Il P. Provinciale lo richiamò a Paola perché gli facesse da compagno nelle visite ai conventi. Nel 1681 fu mandato nel convento di S. Francesco da Paola ai Monti, a Roma, perché aiutasse il parroco nell’assistenza religiosa al popoloso quartiere e facesse da portinaio.
La sua fama di catechista si diffuse subito negli ambienti romani e le famiglie facevano a gara per affidargli i figli.

Conobbe tanti poveri e cercò sempre di dire loro una buona parola e di soccorrerli nelle loro necessità con l’aiuto di benefattori. Quando non riusciva a soddisfarli, i bisognosi lo insultavano con parole volgari, ma egli le sopportava in silenzio, in riparazione dei propri peccati.
I parrocchiani capirono presto che l’umile frate, basso di statura, ossuto, macilento, ma forte e agile nelle fatiche, era un uomo pieno di virtù e innamorato di Dio. Lui stesso si considerava indegno di portare l’abito dei Minimi essendo “il più grande peccatore”.
Nel 1683 fece un pellegrinaggio a piedi a Loreto per invocare dal Signore, attraverso l’intercessione di Maria, la liberazione di Vienna dai turchi. Il triennio successivo fu scandito da forti esperienze mistiche, estasi e contemplazioni.
Nel 1695 fu trasferito prima a Fiumefreddo Bruzio, poi a Cosenza e infine a Longobardi, dove dimorò per due anni, con il beneplacito di papa Innocenzo XII, per curare l’ampliamento della chiesa e del convento.
Ritornato a Roma nel 1697 continuò a ricoprire l’incarico di sagrestano. Nella sua vita il santo svolse sempre i compiti più faticosi e più umili.
Nessuno lo vide mai starsene in ozio o fare visite e discorsi inutili. A chi gli chiedeva che cosa occorresse fare per amare Dio con tutte le forze, rispondeva: “Occorre essere umili”.

Nel 1709, quando Roma, fu minacciata dalla guerra per la successione al trono di Spagna, si offrì vittima a Dio tanto e fu sentito pregare così: “Signore, eccomi, fa’ di me ciò che vuoi.
Ti raccomando la tua santa Chiesa”. Il Signore accettò la sua offerta e alcuni giorni dopo non poté più alzarsi dal letto per una violenta febbre.
Il 2 febbraio 1709 ricevette l’unzione degli infermi e il 3, esclamando “Paradiso, Paradiso” morì, all’età di 59 anni. Fu beatificato nel 1786.
Le sue reliquie sono venerate nella chiesa di S. Francesco da Paola ai Monti a Roma.

Data: 28/01/2015



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