Venerdì, 29 Marzo 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

PRIMA LETTURA (Sap 11,22-12,2)
Hai compassione di tutti, perché ami tutte le cose che esistono.

Dal libro della Sapienza

Signore, tutto il mondo davanti a te è come polvere sulla bilancia,
come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra.
Hai compassione di tutti, perché tutto puoi,
chiudi gli occhi sui peccati degli uomini,
aspettando il loro pentimento.
Tu infatti ami tutte le cose che esistono
e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato;
se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure formata.
Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non l’avessi voluta?
Potrebbe conservarsi ciò che da te non fu chiamato all’esistenza?
Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue,
Signore, amante della vita.
Poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose.
Per questo tu correggi a poco a poco quelli che sbagliano
e li ammonisci ricordando loro in che cosa hanno peccato,
perché, messa da parte ogni malizia, credano in te, Signore.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 144)
Rit: Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.

O Dio, mio re, voglio esaltarti
e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.

Fedele è il Signore in tutte le sue parole
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto.

SECONDA LETTURA (2Ts 1,11-2,2)
Sia glorificato il nome di Cristo in voi, e voi in lui.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési

Fratelli, preghiamo continuamente per voi, perché il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e, con la sua potenza, porti a compimento ogni proposito di bene e l’opera della vostra fede, perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi, e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo.
Riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro radunarci con lui, vi preghiamo, fratelli, di non lasciarvi troppo presto confondere la mente e allarmare né da ispirazioni né da discorsi, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia già presente.

VANGELO (Lc 19,1-10)
Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

IL SANTO DELLA SETTIMANA

1/san carlo borromeo.jpgSan Carlo Borromeo

La Chiesa il 4 novembre ricorda San Carlo Borromeo.

Nacque nel 1538 ad Arona, dove la famiglia, di origine toscana, possedeva la Rocca dei Borromeo. Essendo il secondogenito, fu avviato giovanissimo alla vita ecclesiastica. Nel 1559 si laureò a Pavia.
Nello stesso anno il fratello della madre, Giovan Angelo Medici, venne eletto papa col nome di Pio IV e invitò a Roma Carlo e il fratello primogenito Federico; nominò quindi Carlo cardinale e suo segretario, a soli 22 anni.

Nel 1562 Federico morì improvvisamente e Carlo vide nell’evento un segno divino che lo spinse ad impegnarsi a fondo nelle opere religiose. Ordinato sacerdote nel 1563 e subito dopo consacrato vescovo, a 25 anni, partecipò alle ultime fasi del Concilio di Trento diventando uno dei maggiori promotori della controriforma.
Amante dello studio, fondò a Roma un’Accademia, secondo l’uso del tempo, detta delle “Notti Vaticane”. Inviato al Concilio di Trento vi fu, secondo la relazione di un ambasciatore, “più esecutore di ordini che consigliere”.
Si rivelò anche un lavoratore formidabile, un vero forzato della penna e della carta. Nel 1565 lasciata la corte pontificia, prese possesso della diocesi di Milano, nella quale da circa 80 anni mancava un vescovo residente e nella quale si era radicata una situazione di degrado con prelati dediti alle mondanità e preti non preparati.

Si spese per il rafforzamento della moralità e della preparazione del clero, della riorganizzazione delle attività pastorali e caritative e della promozione di nuove iniziative. Rinunciando a rendite e benefici e vendendo beni propri finanziò la costituzione di nuove iniziative pastorali e assistenziali, in controtendenza rispetto alle abitudini correnti della maggior parte dell’alto clero.
Negli anni del suo episcopato, dal 1565 al 1584, si dedicò alla diocesi milanese costruendo nuove chiese, scuole e collegi, si impegnò nelle visite pastorali, curò la stesura di norme importanti per il rinnovamento dei costumi ecclesiastici.
Carlo fu uno dei principali artefici della Riforma cattolica: riorganizzò la Chiesa, fondò il seminario per la preparazione del clero, si dedicò al sostegno dei bisognosi e favorì la nascita di confraternite per l’assistenza dei poveri e per l’edificazione dei fedeli.

La sua attiva misericordia si dimostrò in particolare durante la peste di Milano del 1576, che rimase nella memoria come la “peste di San Carlo”. Condusse una vita altamente austera, e promosse varie pratiche devote.

Un frate scontento della sua opera gli sparò un’archibugiata, ma senza ferirlo.

Bruciato dalla febbre, continuò le sue visite pastorali, senza mangiare, senza dormire, pregando e insegnando. Fino all’ultimo, continuò a seguire personalmente tutte le sue fondazioni, contrassegnate dal suo motto, formato da una sola parola: Humilitas.

Il 3 novembre dei 1584, dopo una visita al Sacro Monte di Varallo, morì a soli 46 anni. Fu canonizzato il 1 novembre del 1610.

Daniela Catalano

Data: 04/11/2019



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