Giovedì, 28 Marzo 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

PRIMA LETTURA (Am 8,4-7)
Contro coloro che comprano con denaro gli indigenti.

Dal libro del profeta Amos

Il Signore mi disse:
«Ascoltate questo,
voi che calpestate il povero
e sterminate gli umili del paese,
voi che dite: “Quando sarà passato il novilunio
e si potrà vendere il grano?
E il sabato, perché si possa smerciare il frumento,
diminuendo l’efa e aumentando il siclo
e usando bilance false,
per comprare con denaro gli indigenti
e il povero per un paio di sandali?
Venderemo anche lo scarto del grano”».
Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe:
«Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 112)
Rit: Benedetto il Signore che rialza il povero.

Lodate, servi del Signore,
lodate il nome del Signore.
Sia benedetto il nome del Signore,
da ora e per sempre.

Su tutte le genti eccelso è il Signore,
più alta dei cieli è la sua gloria.
Chi è come il Signore, nostro Dio,
che siede nell’alto
e si china a guardare
sui cieli e sulla terra?

Solleva dalla polvere il debole,
dall’immondizia rialza il povero,
per farlo sedere tra i prìncipi,
tra i prìncipi del suo popolo.

SECONDA LETTURA (1Tm 2,1-8)
Si facciano preghiere per tutti gli uomini a Dio il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo

Figlio mio, raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità.
Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l’ha data nei tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto messaggero e apostolo – dico la verità, non mentisco –, maestro dei pagani nella fede e nella verità.
Voglio dunque che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza contese.

VANGELO (Lc 16,1-13)
Non potete servire Dio e la ricchezza.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

IL SANTO DELLA SETTIMANA

1/San-Gerardo.jpgSan Gerardo Sagredo

Il 24 settembre la Chiesa fa memoria di San Gerardo Sagredo, vescovo di Csanád e martire, chiamato Apostolo dell’Ungheria.

Nacque a Venezia il 23 aprile, motivo per cui fu battezzato con il nome di Giorgio, in un anno imprecisato intorno al 980, da una famiglia oriunda della Dalmazia, che secondo una tradizione cinquecentesca discendeva dalla stirpe Sagredo. All’età di cinque anni fu colpito da grave febbre e i genitori impetrarono la grazia proprio a San Giorgio per la sua guarigione. Una volta guarito e cresciuto, entrò nel monastero benedettino di San Giorgio Maggiore all’Isola Maggiore di Venezia e in ricordo del padre da poco deceduto, prese il nome di Gerardo.

Dopo alcuni anni divenne priore del monastero e poi abate, ma poi rinunciò alla carica, perché voleva partire per un pellegrinaggio a Betlemme in Palestina.

Partito con una nave, giunse fino a Zara, da dove invece di proseguire per la Terra Santa, ripartì per l’Ungheria dove si stabilì. Ebbe l’incarico di “magister” (maestro) del principe Emerico, figlio del re Stefano I detto “il santo” (9691038) e primo re d’Ungheria. In seguito si ritirò a Bakonybél per vivere da eremita. Dopo un certo periodo di tempo, il re Stefano I lo richiamò dall’eremo affidandogli il vescovado di Csanád. Il santo partecipò attivamente all’opera di evangelizzazione del popolo magiaro, voluta fortemente dal re Stefano, tanto da meritarsi il titolo di apostolo dell’Ungheria. Risulta che scrisse di sua mano varie opere, ma allo stato si conosce solo il “Commento a Daniele”.

Dopo la morte di re Stefano (1038) l’Ungheria fu sconvolta dalle lotte per la successione. In questo periodo, Gerardo si sarebbe allontanato dagli ambienti reali e avrebbe mantenuto un atteggiamento di equidistanza, senza tuttavia rinunciare all’appoggio di Pietro Orseolo, il nipote di Stefano sostenuto dall’imperatore Enrico III e opposto all’usurpatore Samuele Aba.

Nel 1044 fu Pietro a prevalere, ma la sempre maggiore ingerenza del Sacro Romano Impero provocò un malcontento generale sfociato in disordini e tentativi di congiura. A ciò si aggiungeva una ribellione di pagani.

In questo momento Gerardo passò alla fazione che sosteneva l’insediamento del principe Andrea.

Il 24 settembre 1046, mentre si recava a Buda per accogliere il pretendente al trono, fu attaccato dalle milizie di Vata. Legato ad un carretto, fu trascinato sulla cima del monte Kelen (da allora noto come monte San Gerardo) e fu fatto precipitare nel Danubio.

La sua agiografia è derivata in gran parte da leggende postume, proliferate dal XII secolo sino addirittura al Novecento. In effetti, le notizie sicure sul suo conto sono molto scarse.

La fama di san Gerardo si diffuse molto rapidamente e nel 1083 papa Gregorio VII ne riconobbe il culto pubblico insieme a santo Stefano e sant’Emerico.

Daniela Catalano

Data: 19/09/2019



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