Giovedì, 28 Marzo 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

III DOMENICA DI QUARESIMA: riflessione del Vescovo

PRIMA LETTURA (Es 20,1-17)
La legge fu data per mezzo di Mosè.

Dal libro dell’Èsodo

In quei giorni, Dio pronunciò tutte queste parole: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile:
Non avrai altri dèi di fronte a me.
Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.
Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano.
Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato.
Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà.
Non ucciderai.
Non commetterai adulterio.
Non ruberai.
Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo.
Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 18)

Rit: Signore, tu hai parole di vita eterna.

La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

Più preziosi dell’oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante.

SECONDA LETTURA (1Cor 1,22-25)
Annunciamo Cristo crocifisso, scandalo per gli uomini, ma, per coloro che sono chiamati, sapienza di Dio.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio.
Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.

VANGELO (Gv 2,13-25)

Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

IL SANTO DELLA SETTIMANA

1/San Pietro abate.jpgSan Pietro Pappacarbone

Il 4 marzo la Chiesa fa memoria di San Pietro Pappacarbone, abate dell’abbazia di Cava dei Tirreni e nipote del fondatore Sant’Alferio.

Nacque a Salerno da nobile famiglia longobarda, nel 1038.

Nipote di Alferio, fondatore dell’Abbazia della Trinità, seguì le orme dello zio scegliendo l’Ordine benedettino. Si distinse per l’ardore religioso e il desiderio di mortificazione, ed ebbe come guida spirituale l’abate San Leone I (1050-79) primo successore di suo zio.
Amante della solitudine si ritirò a fare l’eremita sul vicino monte Sant’Elia e poi partì per Cluny per perfezionarsi alla scuola di Sant’Ugo abate, dove rimase cinque anni.
Verso la fine del 1067 tornò al monastero di Cava e papa Alessandro II lo nominò vescovo di Policastro, ma dopo due anni di intensa opera pastorale, rinunziò alla carica riprendendo la sua vita ascetica a Cava, dove San Leone, ormai molto anziano, lo unì a lui alla guida dell’abbazia.

Pietro volle applicare rigidamente le norme di Cluny che aveva appreso in Francia, provocando una vivace reazione da parte dei monaci, che riuscirono a convincere delle loro ragioni anche il vecchio abate Leone.
Pietro allora si allontanò dall’abbazia, ritirandosi nel monastero di Sant’Arcangelo nel Cilento, dove restaurò la vita monastica secondo il rigore cluniacense.
Dopo qualche tempo fu richiamato a Cava e il 12 luglio 1079, quando morì Leone, Pietro ricoprì la carica di abate di Cava e delle sue numerose dipendenze, governando con fermezza e sapienza.

I principi di Salerno furono molto generosi con lui affidandogli più di 350 monasteri latini e greci nel Cilento, in Lucania, in Puglia e in Calabria.
Sotto il suo governo, l’abbazia della Trinità di Cava divenne il centro di una potente congregazione monastica con svariate centinaia di chiese e monasteri dipendenti sparsi in tutta l’Italia meridionale.
Furono più di 3.000 i monaci cui Pietro diede l’abito e resse le sorti del monastero per ben 45 anni, modellando la congregazione su quella di Cluny.
Nel settembre del 1092, papa Urbano II, arrivò a Cava dei Tirreni e consacrò la nuova chiesa abbaziale, concedendo all’abate le insegne vescovili.
Morì il 4 marzo 1123, a 85 anni e fu sepolto nella cripta della sua abbazia.

Daniela Catalano

 

Data: 01/03/2018



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